La storia di Massimo e l’importanza di saper ricominciare
Questa mattina i nostri allievi delle classi terza e quarta hanno incontrato Massimo, nostro studente presso il carcere di Novara, che si è messo a nudo raccontando la sua storia e il motivo che due anni fa lo ha portato alla reclusione.
Massimo è ingegnere informatico e racconta di come il timore di chiedere aiuto alla sua famiglia unito alla volontà di nascondere una situazione difficile l’hanno indotto a delinquere con gravi conseguenze per la sua libertà e vita personale.
“Un giorno i Carabinieri sono venuti a prelevarmi a casa, siamo andati in Caserma e poi nella Casa di reclusione di Novara. Considerate il carcere un altro mondo, una bolla, con regole diverse, tempi diversi, con perquisizioni giornaliere, con guardie e detenuti. Appena arrivi ti fanno una visita medica, poi ti danno un piatto, uno spazzolino, un lenzuolo e una coperta e ti accompagnano nella cella – che chiamano camera – che condividerai con altri detenuti. Tra i detenuti c’è chi è lì per scelta e chi per necessità”.
Gli allievi hanno ascoltato con attenzione e curiosità tutti i racconti di Massimo sugli orari di pranzo e cena, sull’organizzazione degli spazi, sul rapporto con gli altri reclusi, sui colloqui, sui benefici di partecipare ai corsi di formazione tenuti da Casa di Carità, sulla possibilità di lavorare e ancora sul peso che hanno le decisioni prese dal Magistrato.
“Ci sono due strade: l’esperienza in carcere o ti migliora o ti peggiora” – ha continuato Massimo – “Per me è stata una possibilità di riscatto. Dopo quattro mesi che ero dentro sono stato assunto come elettrotecnico e questo mi ha permesso di girare nelle altre celle – comprese quelle del 41 bis – svolgendo lavori manuali ed aggiustando televisori e altre prese di corrente”. La svolta successiva è stata la concessione dell’art. 21 con la possibilità di lavorare all’esterno dell’istituto svolgendo il lavoro di operaio addetto alla limatura. “Poi il primo aprile del 2022 mi è stato detto di fare le borse perché sarei tornato a casa, inizialmente pensavo fosse uno scherzo eppure era vero: il Magistrato aveva autorizzato una misura alternativa alla detenzione che mi consentiva di rientrare a casa e di muovermi liberamente dalle ore 7:00 alle 21:30 esclusivamente nella provincia di Novara”. Ha saputo tenere duro ed ora è amministratore di una società e la sua pena dovrebbe terminare a marzo 2025.
Il prezioso intervento – che è stato possibile grazie alla collaborazione con l'U.E.P.E. di Novara – ha dato il via ad interessanti spunti di riflessione sull’importanza del saper aspettare, sul potere della condivisione e sull’apprezzare le piccole cose che troppo spesso diamo per scontate. “Prima ero menefreghista e proprio il menefreghismo mi ha portato a fare degli errori, ora peso molto di più ciò che faccio. Ricordo ancora il mio primo caffè in tazzina dopo tanto tempo abituato a berlo in bicchierini di plastica. Ciò che prima davo per scontato, ora lo apprezzo”.
Dopo un iniziale momento di timidezza, non sono mancate le domande dei nostri studenti sulle prime sensazioni avute entrando in carcere, sulla vita in istituto, su come è stato rivivere tutto come se fosse la prima volta quando è uscito e sulla consapevolezza che certe scelte fossero sbagliate.
Nel ringraziare Massimo per questo incontro arricchente sul piano sociale ed umano ricordiamo, come ha detto lui, che: “Ci sono alti e bassi nella vita, ci sono sviluppi che non ci aspettiamo, ma c’è sempre la possibilità di ricominciare”.